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In uno scenario dominato dall’angoscia politica delle sanzioni statunitensi e dagli eventi su Russia e Turchia a causa delle crescenti tensioni in Medio Oriente e in Europa, prosegue e si rafforza l’apprezzamento del Dollar Index che nelle ultime due settimane ha mostrato una performance positiva dello 0.7% confermando il trend rialzista con una media mobile superiore a un anno. La corsa dell’indice è stata messa in discussione dai timori della guerra commerciale con nuove tensioni tra Usa e Cina e i media statali di Pechino che accusano Washington di ulteriori imposizioni su prodotti cinesi, avvertendo di avere i mezzi necessari per rispondere adeguatamente.L’euro nelle due settimane di riferimento ha perso terreno nei confronti delle principali valute, deprezzandosi anche verso il dollaro. A penalizzare la moneta europea sono stati i dati relativi ai Pmi del mese di luglio relativi alla Zona euro che hanno segnalato un rallentamento dell’attività nell’ultimo mese e un complessivo affievolimento dell’ottimismo per le prospettive economiche della regione. Inoltre, il dollaro ha accentuato il rialzo nei confronti dell’euro grazie all’attrattiva di asset rifugio in un mercato che guarda con timore al nuovo accentuarsi delle tensioni commerciali tra Washington e Pechino.
In calo lo Yen nonostante le pressioni al rafforzamento che hanno riflesso le preoccupazioni degli investitori riguardo a un aumento delle tensioni geopolitiche dalla guerra commerciale USA-Cina e Brexit. La spinta al rialzo, in particolare sul dollaro, proviene dall’attesa dei colloqui commerciali tra i due Paesi e sulle speculazioni sulle tempistiche con cui BoJ inizierà ad abbandonare la politica espansiva. Il mercato si concentra sui colloqui a Washington di giovedì, in cui il Giappone cercherà di evitare le tariffe sulle esportazioni di automobili e respingerà le richieste degli Usa per un accordo bilaterale di libero scambio.
La sterlina inglese ha subito un consistente ribasso nei confronti delle principali valute internazionali per via dell’aumento del rischio di una no-deal Brexit. Il governatore della Bank of England ha, infatti, recentemente dichiarato che la probabilità di un’uscita del Regno Unito dal blocco europeo senza alcun accordo è ormai “uncomfortably high”. Inoltre, affermazioni simili da parte di diversi esponenti politici inglesi, tra cui il Ministro del commercio, hanno contribuito ad esercitare un’ulteriore pressione negativa sulla valuta.
Il dollaro canadese si è decisamente apprezzato rispetto all’euro e ha registrato un leggero rialzo anche nei confronti del dollaro Usa. Le quotazioni hanno beneficiato della ripresa dei negoziati sul NAFTA dopo la fase di stallo iniziata a giugno, quando gli Stati Uniti avevano introdotto unilateralmente dazi sulle importazioni canadesi e messicane di acciaio e alluminio. Dagli ultimi dati macro emerge una crescita più forte del previsto con un aumento delle esportazioni del 4.1%. Ciò ha alimentato le possibilità che la Bank of Canada possa aumentare i tassi ufficiali, contribuendo a ridurre lo spread di rendimento con il dollaro Usa aumentando l’appetibilità degli investimenti in dollaro canadese.
Il franco svizzero ha registrato un apprezzamento nei confronti della moneta unica. Tale andamento è principalmente dovuto ai solidi fondamentali economici della Svizzera e alla recente decisione della BCE di non rivedere il livello dei tassi prima dell’estate del 2019. Ciò riduce la divergenza con la Swiss National Bank che, dato il livello piuttosto contenuto dell’inflazione, è reticente ad operare prossimamente una stretta monetaria.
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