martedì 11 gennaio 2022

Lira turca in caduta libera. Previsioni 2022

È stato un anno a dir poco folle per la lira turca il 2021. Basta dare un occhio al cambio dell’euro contro la divisa di Ankara, passato da 9 di inizio gennaio fino a un picco di 18 prima di chiudere l’anno in area 14. Una pesantissima svalutazione che ha colpito duramente i possessori di bond in lire turche, particolarmente gettonati anche in Italia per le elevate cedole gli emittenti di alto merito creditizio. «Analizzando - spiega Stefano Meo di Skipper Informatica - un ipotetico portafoglio di un investitore che a inizio 2021 abbia voluto impiegare 100.000 euro in parti uguali nell’acquisto di bond in lire turche, quindi 10.000 euro per ognuno, pari al cambio di allora a 90.580 lire turche, è possibile valutare la portata della perdita conseguita. 

La performance annuale lorda di questo portafoglio è pari addirittura al -38,42%, con una perdita in concreto di oltre 38.000 euro. Tra le singole performance, spiccano in negativo il titolo Bers zero coupon scadenza marzo 2025 e la Bei febbraio 2027 rispettivamente del -50,15% e -52,45%». Che si tratti di una vera beffa per l’investitore lo si evince anche dal fatto che il cosiddetto “rischio emittente” era in questo caso praticamente inesistente, trattandosi di solidissimi istituti internazionali. Le perdite (che si materializvendita) sono imputabili solo alla valuta. 

«In questo scenario negativo - continua Meo - risulta altamente pericoloso analizzare i rendimenti futuri. Prendiamo ad esempio il titolo Birs con cedola annuale del 12% che scade tra poco più di un anno, il 15 marzo 2023: un rendimento di oltre il 27% farebbe incredibilmente gola a qualsiasi investitore. Tuttavia basterebbe un calo del cambio della lira turca sull’euro di un 25% da oggi alla scadenza del titolo, tornando quindi ai valori già toccati a metà dicembre, per ottenere una performance annua nettamente inferiore e di poco più del 2 per cento». L’inflazione volata alle stelle (oltre il 30%) accompagnata dal taglio dei tassi di riferimento della banca centrale turca hanno rappresentato una miscela esplosiva. «Quello che deve preoccupare - spiega Stefano Gianti, analista Swissquote - è più che altro la perdita di competitività della Turchia, che è passata dal Rimborsi Fir. Bocciatura senza appello per chi inciampa sul patrimonio Tornano in gioco coloro che avevano presentato domanda incompleta Perdite a due cifre per i bond in lira turca 16esimo al 21esimo posto mondiale, in un momento dove la congiuntura globale rimane ovviamente sfavorevole. La fiducia dei consumatori è precipitata ai minimi storici. 

Spaventa la forte ascesa dei prezzi, in un contesto dove l’economia non viene gestita seguendo modelli classici ma più che altro esperimenti. Positivo comunque il fatto che le audaci e senza precedenti manovre dicembrine di Erdogan siano state accolte bene dai mercati, con la lira turca che oltre ad aver tamponato il bagno di sangue, ha riguadagnato molto sui mercati». Quanto potrà durare questo rimbalzo? E soprattutto ci sono segnali incoraggianti per gli investitori?. Al momento il parere degli analisti è improntato alla massima prudenza. 

«Una delle misure - aggiunge Gianti - maggiormente divulgate a livello mediatico, che include la garanzia del governo per compensare la perdita di interessi dovuta al deprezzamento della lira, dovrebbe essere presa con le pinze poiché quest’ultima difficilmente convincerà gli investitori a correre il rischio di sedersi sulla lira traballante, e non pensiamo avrà un impatto rilevante. Per l’immediato futuro l’inflazione è la chiave. La Turchia vedrà inevitabilmente salire il livello dei prezzi del 25-30% nei prossimi mesi, mentre la banca centrale farà di tutto per mantenere bassi i tassi di interesse. La tolleranza del mercato per la politica dei tassi bassi non sarà infinita e il vento potrebbe rapidamente cambiare direzione»

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domenica 9 gennaio 2022

Previsioni dollaro per il 2022

Le banche centrali si muovono e il mercato dei cambi si riassesta Le maggiori autorità monetarie del globo, infatti, stanno per abbassare le difese contro la crisi economica con il ritiro degli stimoli eccezionali, messi in campo per contrastare gli effetti della pandemia. Da un punto di vista opposto, si può dire che stanno per alzare le paratie contro l’inflazione: il rincaro dei prezzi causato dalla ripresa sarà anche transitorio, ma rischia di innescare una spirale difficile da controllare. Le monete più gettonate dagli investitori sono proprio quelle spinte dalle prospettive di un rialzo dei tassi di interesse, che rende più appetibile l’investimento nelle attività finanziarie in quella divisa.  Dollaro in testa

Politiche della FED

Il biglietto verde nell’ultimo anno ha guadagnato su molte valute: l’indice che ne sintetizza il valore contro euro, sterlina, yen, dollaro canadese, corona svedese e franco svizzero è salito del 7% da inizio 2021. Contro euro si è rafforzato di oltre l’8%. I verbali dell’ultima riunione della Federal Reserve Usa mettono nero su bianco non soltanto il rialzo dei tassi di interesse, ma un possibile drenaggio di liquidità dal mercato per fermare l’inflazione. A tutto vantaggio del dollaro. 

Secondo Jeffrey Cleveland, chief economist di Payden & Rygel, il dollaro rimarrà uno standard globale, almeno finché una valuta digitale sicura e fruibile non scalzerà il suo dominio, un’ipotesi che lo stesso Cleveland definisce intrigante. L’economista afferma che per il momento gli investitori continuano a richiedere dollari, tornati al ruolo di bene rifugio con la pandemia; anche perché gli Stati Uniti si sono conquistati il ruolo di leader dell’innovazione e offrono asset sicuri e liquidi, oltre che un sistema legale affidabile. Prova ne sarebbe che il dollaro resta una valuta globale, preferita da molti investitori e da molti Paesi alla propria per prestiti, investimenti e riserve. 

Dollaro contro tutti 

Anche gli economisti di Pictet A.M. prevedono che la fase di rafforzamento del dollaro duri ancora per un po’ nei confronti di diverse divise, anche se i guadagni potrebbero essere limitati da una valutazione già elevata e da un posizionamento eccessivamente rialzista da parte degli investitori. Sulla sterlina in particolare, a dispetto del primo rialzo dei tassi della Bank of England lo scorso dicembre, peserebbero i problemi di approvvigionamento che frenano l’economia. La maggior parte delle valute, infine, non godrebbe del sostegno macroeconomico per contrapporsi alla forza del dollaro. Non solo tassi Anche la Banca centrale europea si è mostrata più aggressiva, ma la divergenza con la Fed sarà evidenziata con un probabile prolungamento del piano ordinario di aiuti dopo la fine di quello anti-pandemico. Il vantaggio del dollaro sull’euro non sarebbe, comunque, dovuto soltanto alle divergenze sui tassi di interesse. 

Peter Kinsella, global head of Forex Strategy di Union Bancaire Privée, rammenta che le esportazioni dell’Eurozona verso la Cina (il doppio di quelle degli Usa) e il surplus delle partite correnti Ue sono il fattore strutturale a supporto della moneta unica, che verrà meno in caso di rallentamento dell’economia cinese: se la Cina frena, l’euro patirà più del dollaro. 

L’aggressività della Fed rappresenta però anche il principale rischio di un cambio euro-dollaro sbilanciato a favore del biglietto verde: «Pensiamo - spiega Kinsella - che il rischio principale sia che la Fed non aumenti i tassi in linea con le aspettative del mercato. Per l’euro, non ci aspettiamo che le dinamiche di crescita dell’Eurozona sorprendano al rialzo e, allo stesso modo, pensiamo che un rialzo dei tassi della Bce sia altamente improbabile, anche se l’inflazione nominale si attesterà a livelli superiori al 2% nel 2022».

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