lunedì 25 settembre 2017

Forex, ecco perché puntare sulla sterlina

Alla faccia di quelli che «tanto con la Brexit l”unica cosa sicura è lo short sulla sterlina››, la moneta inglese contro il dollaro americano ha chiuso la settimana a ridosso di 1,3580 dollari. Dopo un incremento del 6% dall'inizio di settembre, la corsa rialzista del cable si è fermata sul ri-test dell'ex supporto statico di medio-lungo periodo, e che ora funziona da resistenza.

Il livello ha estrema valenza anche perché l'ultima volta che è stato battuto, tolto il crollo post Brexit (quello che in due giorni ha portato il cambio da 1,4750 a 1,3250 dollari), è stato con il minimo del 23 gennaio 2009.
Tecnicamente, la fase di uptrend potrebbe essere finita; o quantomeno potremmo assistere a delle prese di profitto che riportino il cambio a ridosso 1,3450 dollari in prima battuta per poi arrivare a 1,3250 dollari. Le quotazioni si trovano inoltre su di un incrocio con una trend line supdiscendente di medio termine partita con il massimo d”inizio luglio 2014 e venutasi a creare con l”unione del massimo intraday del giorno post Brexit a 1,4992 dollari.

Finché non verrà violata questa resistenza dinamica non ci potrà essere fase rialzista. Da qui ad aprire una posizione short però ce ne passa, considerata la forza relativa che la divisa inglese ha mostrato nelle ultime due ottave. Per di più, a livello fondamentale, tutto lascia pensare che la cavalcata non sia finita.

A mettere sul chi va là gli analisti, in particolare, sono state le parole di uno dei membri votanti più accomodanti della Bank of England, Gertjan Vlieghe, che ha paventato un possibile rialzo dei tassi nella prossima riunione di novembre. «Se i trend che indicano minore debolezza dell'economia, crescenti pressioni sui prezzi, rafforzamento della spesa delle famiglie e robusta crescita mondiale continueranno, il momento opportuno per un rialzo dei tassi potrebbe essere già nei prossimi mesi», ha affermato Vlieghe, che ha tirato acqua al mulino della banca centrale, visto che ha interesse nel tenere alto il valore della propria moneta, specie se questo viene fatto a costo zero. Un giochino che comunque non potrà andare avanti a lungo, perché i mercati finanziari, tendono a penalizzare fortemente chi promette, ma poi non mantiene.

Opera con un broker affidabile e conveniente come Etx Capital.

mercoledì 20 settembre 2017

FXCM espulso negli USA. In Italia è sicuro?

La Commodity Futures Trading Commission (CFTC), l’autorità di controllo e vigilanza degli Stati Uniti, ha messo al bando il noto forex broker FXCM dal mercato americano. La sanzione è pesante ma a fronte di accuse gravi: trading contro i propri clienti.
Dal 4 settembre 2009 fino ad almento al 2014, FXCM e FXCM Holdings, tramite i loro agenti e impiegati, sono stati coinvolti in sollecitazioni false e fuorvianti verso i loro clienti.

FXCM dichiarava ai clienti di non essere in conflitto di interessi sulle operazioni “No Dealing Desk”. In base a queste assicurazioni, le perdite o i guadagni dei clienti non avrebbero avuto alcuno impatto sui conti di FXCM, in quanto il broker avrebbe appunto mantenuto un puro ruolo di intermediario.
Il rischio/opportunità era quindi a carico di banche e “market makers” indipendenti che fornivano la liquidità alla piattaforma. Ma contrariamente a quanto rappresentato, FXCM aveva un interesse non dichiarato nel market maker che ha costantemente "vinto" la quota più rilevante del volume di negoziazione di FXCM che quindi stava assumendo posizioni e guadagnando contro i suoi stessi clienti retail.

Il market maker in questionem HFT, era infatti una startup con stretti legami con FXCM.   Il noto broker forex ha anche reso false dichiarazioni alla stessa NFA per nascondere il suo ruolo nella fondazione e partecipazione in HFT.

La storia di FXCM

FXCM, fondata nel 1999 e autorizzata nel 2001, è uno dei più noti forex broker e, al 31 luglio 2016, aveva oltre 20.000 clienti attivi negli Usa con una disponibilità di circa 170 milioni di dollari.

Fino a circa il 2007, FXCM ha fornito la liquidità ai propri clienti forex al dettaglio principalmente attraverso una banca dati interna - una divisione di FXCM che ha determinato i prezzi offerti ai clienti e ha mantenuto posizioni aperte nei confronti dei clienti.

Nel 2007 è passata dall'utilizzo di una banca di negoziazione (dealing desk) per la transazione con i clienti all'utilizzo di ciò che ha definito un modello "agenzia", che ha descritto come fornitura di "No Dealing Desk" trading.
Anche se un broker di tipo “dealing desk” agisce come un operatore di mercato e può scambiare anche contro la posizione di un cliente, FXCM ha affermato che il suo modello di agenzia ha eliminato questo conflitto di interessi tra broker e cliente al dettaglio.

Infatti, in questo modello, le quotazioni erano fornite non da FXCM ma da banche e market makers indipendenti e terzi. Nel sito di FXCM il modello era spiegato così “Quando un cliente esegue un’operazione di trading al miglior prezzo offerto dal market makers, noi agiamo come puro intermediario creditizio, senza assumere rischi e aprendo simultaneamente due operazioni contrapposte sia con il cliente che con il makret maker".

In pratica, secondo il broker, il suo modello era diverso dal classico modello dealing desk “Guadagniamo solo dalle commissioni aggiunte ai prezzi del market maker, non dalle operazioni di trading dei clienti”.

Nel 2009 Niv Ahdout e altri manager di FXCM crearono un trading system (un programma software) in grado di operare come market makers, fondando poi un’apposita società, HFT, per sfruttare tale algoritmo.

Da allora FXCM ha ricevuto circa 80 milioni di dollari da HFT, mentre nello stesso periodo nessun altro market maker pagaga il broker. Non a caso FXCM ha quindi permesso a HFT di “vincere” molte transazioni fornendogli in realtime le quotazioni degli altri market makers.

FXCM ha nascosto questa relazione con HFT ai suoi clienti e alle autorità di vigilanza. Sul sito si dichiarava esplicitamente che tutti i market makers erano operatori indipendenti e che FXCM non assumeva posizioni di mercato eliminando ogni conflitto di interesse.

Che ci sia la volontà di ingannare clienti e autorità lo si nota anche dalle comunicazioni del 2011 sulle quote dei market makers che operavano con FXCM: BNP (13.5%), Citi (8.0%), Deutsche Bank (3.5%), Dresdner (13.3%), Goldman (14.4%), JP Morgan (3.6%), Morgan Stanley (8.0), “altri” (35.8%). In quegli altri rientrava HFT, in realtà il primo operatore che viene quindi furbescamente celato.

Da tempo segnalo l'importanza del broker sul Forex. Oggi non basta più un intermediario autorizzato, occorre che sia affidabile. Non a caso operò da tempo con ETX Capital, primario intermediario inglese, vigilato da FCA e quotato da anni sulla borsa di Londra.

lunedì 18 settembre 2017

eToro e il copy trading di successo

Sono per la maggior parte uomini, con una età media di 36 anni e hanno scelto di investire “copiando” i migliori trader. Sono 500mila i clienti italiani di eToro, piattaforma di social trading nata nel 2007 e che oggi conta su 6 milioni di utenti unici a livello globale.

«Il lancio della piattaforma eToro aveva un unico obiettivo: rivoluzionare l’accesso ai mercati finanziari rendendoli fruibili a un numero sempre maggiore di persone, soprattutto a coloro che, proprio perché poco esperti, non osavano avvicinarsi – racconta Yoni Assia, CEO e Fondatore di eToro. La possibilità di sfruttare la saggezza e l’esperienza della community permette di prendere decisioni di investimento più consapevoli e l’Italia oggi è uno dei nostri mercati principali».

Profitto per il 75% delle operazioni 

Forse perché una delle generazioni più intraprendenti e tecnologiche della storia contemporanea, la generazione X, popola la piattaforma di eToro. Con ottimi risultati per quanto riguarda la percentuale di operazioni copiate che hanno chiuso in positivo.

«Nel 2016, il 75% delle posizioni aperte dai membri italiani di eToro ha chiuso in profitto – conferma Assia. Ciò a conferma del fatto che replicare le scelte di investimento dei trader esperti rappresenta una delle scelte di investimento più redditizie».

I Popular Investors italiani 

Merito quindi dei Popular Investors, soprattutto italiani. «Sono 38 i Popular Investors italiani accreditati dalla community – sottolinea Assia. E uno dei più rilevanti di sempre sulla piattaforma è proprio un italiano, conosciuto come Jarodd76. Solo per citare qualche risultato, nel 2015, 2016 e 2017 Jarodd76 ha ottenuto performance positive rispettivamente del 464,05%, 44,48% e 180,38%».

Il copy trading sulle criptovalute 

Recentemente eToro ha introdotto inoltre il copy trading anche per le monete virtuali. Il funzionamento è sempre lo stesso: i clienti interessati a investire nelle criptovalute potranno affidarsi alla community ed emulare gli investitori che riescono a trarre i maggiori profitti dal mercato.

«Siamo convinti che le criptovalute rappresentino una delle maggiori innovazioni nei servizi finanziari – conclude Assia. Abbiamo quindi deciso di puntarci, con l’obiettivo di rendere anche questo mercato, che di recente ha registrato performance di crescita incredibili arrivando a superare i 100 miliardi di dollari di capitalizzazione totale, accessibile a una platea sempre più ampia di investitori. Grazie al lancio del Cryptocurrency Copyfund anche i nostri trader avranno la possibilità di accedere a una strategia di investimento a lungo termine su Bitcoin ed Ethereum, costantemente rivista e bilanciata».
Maggiori informazioni sul sito eToro

martedì 12 settembre 2017

Opinione su Infinity Scalper - perché lo sconsiglio

infinity scalper opinioni
Il 2017 è sicuramente l'anno di Infinity Scalper , il Forex Indicator lanciato da poco ma già il più venduto e popolare sulla più nota piattaforma di vendita di forex robot e indicator (insieme a Forex Trendy).

Incuriosito dal successo di questo prodotto, ho iniziato a raccogliere informazioni, anche grazie alla mia rete di iscritti che ha testato il prodotto per me. Ecco la mia opinione su Infinity Scalper.

lunedì 11 settembre 2017

Le ragioni dell'euro forte contro dollaro

La Corea del Nord non lascia, anzi raddoppia gli esperimenti balistici e nucleari. Dopo aver lanciato il 26 agosto tre missili, precipitati nel Mare del Giappone, il regime guidato da Kim Jong-un ha rincarato la dose. Domenica ha fatto detonare una bomba all’idrogeno scatenando un terremoto di magnitudo 6.3 della scala Richter. Fonti sudcoreane hanno indicato che si è trattato di un test 11 volte più potente di quello di gennaio 2016 e sei volte più potente di quello dello scorso settembre. Nel complesso, si tratta del sesto esperimento nucleare condotto dalla «Repubblica popolare democratica di Corea».

Chi si aspettava un terremoto anche sui mercati finanziari non ci ha preso. Ma il lancio della “bomba H” qualche effetto lo ha sortito. Le valute rifugio per eccellenza - lo yen giapponese e il franco svizzero - sono state acquistate a svantaggio del dollaro. Il cambio dollaro/yen è sceso sotto quota 110 (109,5 punti) con la divisa nipponica rivalutatasi in una sola seduta dello 0,7%. Anche l’altro paradiso valutario, la moneta elvetica, si è apprezzato nei confronti del biglietto verde (+0,7%).

Tuttavia, al momento non c’è una fuga degli investitori verso la qualità. Dall’ultima settimana di agosto - quando il pericolo della Corea del Nord è tornato nell’agenda a seguito dell’ennesima provocazione missilistica - yen e franco svizzero sono piatti sul biglietto verde mentre da inizio anno guadagnano il 6,5%.

Più marcato invece l’effetto rifugio se si analizza l’andamento dell’oro, da sempre faro finanziario contro le fasi ballerine. Il lingotto ieri è salito dello 0,7% portandosi a 1.335 dollari l’oncia, livelli che non toccava da novembre. Nelle ultime due settimane la performance cumulata sale al 3,5%, il 16% da inizio anno. Certo, nella rivalutazione dell’oro bisogna conteggiare anche la svalutazione del dollaro (che ha perso l’8% da inizio anno su scala globale) ma il recente scatto è tutto legato al fattore incertezza.

È vero che in questo momento i mercati non stanno certo scontando gli effetti imprevedibili di un conflitto tra Usa e Corea del Nord - lo dimostra la freddezza con cui hanno reagito le Borse europee, ieri a -0,38% mentre Wall Street era chiusa per il Labor Day - ma è anche vero che fino a quando il focolaio resterà acceso è comprensibile immaginare - perlomeno nel breve periodo - che gli asset rifugio saranno considerati un attracco naturale per gli investitori che non amano la volatilità e non vogliono restare in balìa di eventi geopolitici dalle conseguenze non calcolabili. Uno dei nodi della questione riguarda il rapporto tra Usa e Cina nel caso in cui vengano applicate sanzioni. Una strada verso la quale gli Usa stanno spingendo.

Il presidente Donald Trump ha minacciato sanzioni economiche verso tutti i Paesi che intrattengono relazioni commerciali con il regime di Pyong Yang. Ed è qui che entra in ballo la Cina dato che - come ricordano gli analisti di Capital economics - l’86% dell’export della Corea del Nord finisce in Cina. Sanzioni penalizzerebbero quindi anche la Cina che però non può dimenticare che gli Usa lo scorso anno hanno acquistato beni e servizi per un controvalore di 479 miliardi di dollari. Questa partita a scacchi per ora non ha scosso i mercati alle fondamenta ma, come visto, spinto movimenti robusti ma non da panic selling, sui principali asset rifugio.

Perché l'euro sale

Tra questi, figura a sorpresa anche l’euro che ieri è tornato a salire, superando quota 1,19, pur non rientrando nella lista dei principali beni rifugio. «La reazione nel mercato è la tipica reazione di avversione al rischio per via degli eventi geopolitici, ma una significativa eccezione è la continuativa forza dell’euro» osserva Neil Jones di Mizuho Bank. L’euro fa eccezione per un altro motivo: gli investitori - acquistando euro - stanno esercitando una sorta di pressione indiretta nei confronti della Bce che giovedì 7 settembre potrebbe annunciare il tapering, ovvero una riduzione degli stimoli monetari. I mercati - mai paghi di iniezioni di liquidità - non gradiscono l’idea. E, spingendo in su l’euro, cercando di testare i nervi della Bce che giovedì potrebbe anche - complice il super-euro - rimandare ogni decisione ad ottobre.