giovedì 23 agosto 2018

Il Forex guida i mercati - il caso lira turca e yuan cinese

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Non è un caso che le tempeste più violente delle Borse degli ultimi anni siano partite tutte dal mercato dei cambi. Il dominio delle valute, infatti, non è solo una delle conseguenze dell’automazione dei parterre finanziari, ma è pure un’arma sventagliata nelle ostilità politiche internazionali.

 Il Forex (Foreign Exchange Market) è una manna per gli algoritmi delle gestioni dei patrimoni, perché è molto liquido, frequentato da operatori internazionali e aperto quasi ventiquattro ore su ventiquattro. Il collasso della lira turca è un ennesimo esempio (dopo il crollo dello yuan cinese nell’agosto 2015 e del franco svizzero nel gennaio 2016) di come l’avversione al rischio degli investitori si espanda rapidamente e origini proprio dal mercato valutario; la lira turca è deflagrata in poche ore, sebbene da almeno un mese fosse sotto pressione per via dello stato caotico dell’economia e della politica del Paese.

 Ed è sempre dal mercato dei cambi che arrivano ingerenze sulle materie prime che, a dispetto della loro limitata disponibilità fisica, finiscono per essere molto vulnerabili alle battaglie «intermonetarie». Alla faccia della de-correlazione delle attività «reali» con azioni e obbligazioni, il settore delle commodity appare soggetto più che mai a oscillazioni veloci (anche per l’utilizzo dei contratti derivati) e succube di alcune divise-guida.

Nel caso dell’oro, spicca il ruolo dello yuan cinese, visto che le riserve della banca centrale del Popolo muovono impressionanti volumi . Si dà il caso - come illustra in un suo blog Kevin Muir, strategist per East West Investment Management - che la svalutazione dello yuan sia sovrapponibile all’andamento dell’oro, fin quasi nelle singole operazioni di scambio.

La spiegazione sta sempre nei rapporti di forza dei cambi: il dollaro è la valuta di denominazione del metallo giallo (e di molte risorse naturali) e il suo apprezzamento sulle divise emergenti accentua il calo fisiologico della quotazione che serve a ristabilire il loro valore relativo. Il rialzo del biglietto verde per Pechino è un antidoto potente al veleno dei dazi (neutralizza l’impatto sull’export) e non vi si oppone di certo; anzi, svaluta la sua moneta e misura i suoi acquisti di oro in yuan anziché in dollari.

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