lunedì 27 gennaio 2014

Aumenta la volatilità sul Forex

Settimana densa di tensioni per i mercati valutari. I fattori che hanno scatenato le preoccupazioni dei forex trader (e non solo) sono stati, in primis, i timori di un rallentamento dell’economia cinese, uniti a quelli legati alla riduzione dello stimolo monetario della Federal Reserve Usa, a cui in ultimo si sono aggiunte le tensioni politiche che molti Paesi emergenti stanno vivendo.

Per quanto riguarda il Celeste Impero, l’indice Pmi sul settore manifatturiero cinese di gennaio ha registrato 49,6 punti, per la prima volta da sette mesi al di sotto della soglia chiave di 50 punti a segnale di contrazione. Nessun annuncio invece, da parte della Federal Reserve sul tapering, e dunque dovrebbe continuare la riduzione degli stimoli monetari, fatto che rende particolarmente nervosi gli operatori. In ultimo, ci sono le tensioni politiche in Argentina, Turchia e Venezuela. Il peso argentino, durante questa settimana, ha registrato ribassi maggiori rispetto a quelli della crisi finanziaria del 2002.

La Banca centrale argentina, infatti, si è arresa nella battaglia per contrastare il declino della valuta, dopo aver utilizzato a tal scopo oltre il 30% delle sue riserve nel 2013. Per quanto riguarda la Turchia, la lira turca ha toccato un nuovo minimo storico nei confronti del dollaro, a quota 2,3070. L’economia turca soffre di un deficit delle partite correnti, ed è particolarmente vulnerabile ai flussi in uscita degli investitori, timorosi della svalutazione dei propri asset. In ultimo, le tensioni in Venezuela, dopo l’annuncio del presidente Nicolas Maduro dell’introduzione di un nuovo meccanismo di controllo del cambio del bolivar per contrastare il mercato nero dei dollari. La riforma prevede l’introduzione di un tasso fisso con il dollaro per l’acquisto di beni di prima necessità, e uno flessibile per gli altri beni. Una mossa che i critici giudicano una sorta di svalutazione smascherata. In mezzo a tutto questo, l’euro sale.

La moneta unica contro il dollaro americano ha chiuso la settimana in rialzo di poco sotto all’1,37 dollari. Secondo gli operatori questa performance è dovuta alla scelta degli operatori di puntare su economie con surplus commerciali, in barba ai fondamentali macro che tutto indicano tranne la buona salute dell’Europa. Ad ogni modo in questo panorama sarebbe utile stare a guardare cosa succede prima di posizionare il portafoglio, almeno fino alla decisione del Fomc del 29 gennaio prossimo.

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martedì 7 gennaio 2014

Previsioni sul dollaro nel 2014

Vari esperti prevedono che a partire dal 2014 il Dollaro inizierà, per diversi mesi e anni, una lunga fase di rivalutazione nei confronti dell’Euro. “Il Dollaro sarà la valuta più forte dei prossimi anni, perché l‘economia americana si comporterà meglio di quella europea e perché la fiducia nell’Euro diminuirà sempre di più”, dichiara Heinz Isler della NBF International di Ginevra. Al riguardo, Trinkaus dell‘HSBC scrive: “Mentre la Fed discute sull‘inizio della fine, la BCE adotta ulteriori misure espansive [...]. Se tale tendenza dovesse continuare, nei prossimi mesi il mercato valutario vedrà probabilmente un ulteriore indebolimento dell‘Euro e un incremento della domanda verso il Dollaro.”

Niente fine della politica monetaria espansionistica per la Fed. La questione sollevata dalla HSBC è, però, controversa. È giusto che all‘interno della Fed si tenti di porre fine alla politica monetaria espansionistica, ma ciò dipende da una serie di variabili congiunturali. Innanzitutto la disoccupazione deve scendere al di sotto del 6,5%. Attualmente la situazione non lo lascia prevedere: a giugno le cifre ufficiali parlavano del 7,6%. Stando così le cose, l‘abbandono della politica monetaria espansionistica appare lontana. Ciò si riflette anche nel comportamento del Dollaro nelle ultime settimane. Dopo essere apparso molto debole a giugno, il biglietto verde ha raggiunto a luglio la soglia massima sull‘Euro che lo ha portato a essere scambiato a circa 0,78 Euro, ma poi ha fatto registrare un nuovo forte ribasso. Ciò significa che, stando ai dati congiunturali pubblicati, il Dollaro a giugno si è svalutato rispetto all‘Euro, perché gli attori del mercato sapevano che per il momento la fine della politica monetaria espansionistica della Fed era tutt‘altro che imminente.

Crescita più forte negli Stati Uniti. Ciononostante, i sostenitori del rialzo del Dollaro restano fiduciosi. Dal Fondo Monetario Internazionale (FMI) soffia, invece, un vento contrario, in quanto si prevede che quest‘anno, come anche in futuro, gli Stati Uniti faranno registrare una crescita nel complesso più forte di quella dell‘Eurozona. Quest‘anno, infatti, il PIL americano dovrebbe attestarsi intorno all‘1,85% rispetto all‘anno precedente, mentre per Eurolandia si prevede un calo dello 0,34% (vedi figura nella pagina precedente). Ciò rafforza tendenzialmente il Dollaro, in quanto gli investitori, che rincorrono la crescita, trasferiranno i propri soldi verso il Nord America. Inoltre, il positivo sviluppo economico potrebbe indurre la Fed a porre fine alla politica del ‚tasso zero‘. Anche se ciò dovesse accadere solo a parole, ad esempio attraverso annunci e dichiarazioni d‘intenti, ciò potrebbe essere sufficiente a far rivalutare ulteriormente il Dollaro.

Paura della dissoluzione. Ciò che potrebbe favorire il Dollaro nei prossimi mesi è semplicemente l‘incertezza sull‘esistenza della stessa Eurozona. Anche se una rapida dissoluzione di Eurolandia è improbabile per motivi politici – l‘Euro è e resta anche un progetto politico – per molti investitori la fine dell‘Euro pende sui mercati come una spada di Damocle. Non essendo gli USA interessati da scenari di questo tipo, anche se devono fare i conti con le aspirazioni separatiste di alcuni Stati, ciò dovrebbe portare tendenzialmente ad un rafforzamento della valuta americana. Infatti in tempi generalmente incerti gli investitori tendono a ridurre al minimo il rischio. Da questo punto di vista, gli Stati Uniti offrono apparentemente più sicurezza rispetto all‘Europa.

L‘Euro come valuta d’indebitamento. Se si arrivasse a una successiva fine della politica monetaria espansionistica della Fed, ciò imprimerebbe una notevole accelerazione alla rivalutazione del Dollaro. L’Euro potrebbe, quindi, diventare molto interessante come valuta internazionale di indebitamento. Uno scenario che Hans Redeker, stratega valutario di Morgan Stanley, descrive così: “In futuro l’Euro diventerà per gli investitori un’interessante valuta di indebitamento a lungo termine. Ciò significa che riceveranno un credito in Euro e lo spenderanno in un’altra valuta. In questo modo aumenterebbe la quantità di Euro in circolazione, rendendo la moneta ancora più debole. Finora la valuta di indebitamento è stata tradizionalmente il Dollaro, ora questo ruolo se lo contendono sempre più Dollaro e Euro.”