lunedì 25 gennaio 2016

Perché investire sul dollaro nel 2016

Per BlackRock il 2016 è l'anno del dollaro!

È entrata nel vivo la trattativa tra Bruxelles e Roma in vista della nascita di una bad bank, dove riversare i crediti anomali accumulati dal settore bancario italiano, che ammontano a circa 200 miliardi di euro, il 12,5% del pil. «Un progetto di dismissione dei crediti inesigibili, o di bad bank pubblica che acquista i Npl (non performing loans) a un prezzo onesto, non sarebbe la panacea di tutti i mali ma di certo risolverebbe il problema dell’ingessatura del credito e aiuterebbe la ripresa di redditività delle banche».

A parlare è Dennis Stattman, responsabile del fondo global allocation di BlackRock, incontrato a Milano nel corso del BlackRock Investment Forum 2016, l’evento annuale dell’asset manager Usa che riunisce i gestori più importanti a livello mondiale della casa. Da tempo il governo italiano vuole cercare di risanare il settore bancario, oberato da crediti inesigibili pari al 16,7% del totale dei prestiti concessi dalle banche (a titolo di confronto, i crediti inesigibili in Germania sono pari al 3,4% del totale). Quello degli Npl, del resto, è stato uno dei motivi alla base dei corposi ribassi dei titoli bancari dei giorni scorsi, poi recuperati in seguito alle parole di Mario Draghi.

«L’accesso al credito in Europa continua a essere bancocentrico e questo finisce per aver un impatto forte sull’economia reale», continua Stattman: «le grandi aziende se la cavano sempre, quelle minori molto meno». E aggiunge: «Risolvere il problema degli Npl non è interesse solo dell’Italia, ma anche dell’Europa». Il colosso americano degli investimenti al momento è solo leggermente esposto nei confronti dell’azionario Europa. «Anche se ci piacerebbe, dato che è qui che si trova il maggiore sconto sul cape (cyclically adjusted price-to-earnings ratio, ndr), e seguiamo con favore alcuni settori che sono piuttosto depressi o sottovalutati come l’aerospaziale e il farmaceutico », precisa l’esperto. Più di tutti, al gestore piace il Giappone, «dove il governo sta mettendo in atto riforme e la politica monetaria è molto aggressiva.

Le valutazioni sono attraenti, i bilanci aziendali in crescita così come i dividendi. A dire il vero le quotazioni del mercato sono in crescita da tre anni, ma hanno ancora un buon potenziale». Il gestore ha poi fatto sapere di essere molto positivo sul dollaro, «l’unica valuta su cui siamo sovrappesati ».

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mercoledì 20 gennaio 2016

Caduta del rublo russo. Previsioni 2016

Comincia a farsi veramente seria la situazione in Russia. Il paese guidato da Vladimir Putin sta infatti subendo una fortissima svalutazione della propria moneta a causa del basso prezzo del greggio, facendo tornare il dollaro/ rublo a ridosso dei massimi storici. Con la chiusura della settimana a 77 rubli, manca infatti veramente poco perché si raggiungano gli 80 rubli segnati il17 dicembre 2014. Il cambio ha subito una vera e propria accelerazione dopo che il prezzo del greggio è sceso sotto i 30 dollari al barile. Situazione simile (ma con alcune varianti) anche per il cambio euro/rublo che si trova a ridosso di una resistenza di medio periodo formata dal massimo relativo segnato il 24 agosto 2015 a 84 rubli.

Nell’eventualità che venga rotta tale resistenza, il prossimo target rialzista è anche qui il massimo storico del 17 dicembre 2014 poco sotto i 90 rubli per un euro. Secondo i forex trader è molto probabile che già durante le prossime sedute si vada verso i massimi storici per entrambi i cambi, sempre che la Banca centrale russa non decida d’intervenire sulla propria moneta. Le armi a disposizione della governatrice Elvira Nabiullina sono tuttavia spuntate avendo già affondato parte delle riserve in valuta straniera durante la prima crisi valutaria del dicembre 2014. Rimane la possibilità di agire sul tasso d’interesse, mossa però estremamente rischiosa per gli effetti deleteri che ha un innalzamento dei tassi sull’economia reale del paese.

La federazione russa basa più del 50% del proprio bilancio statale sulle entrate derivanti dalla vendita di idrocarburi, arrivando fino al 70% se si considera anche la vendita del gas (altra materia prima in forte difficoltà). Per ora l’intento di Putin è quello di scongiurare un intervento sui tassi agendo invece sulla spesa pubblica e le privatizzazioni. È in quest’ottica che s’inscrive la decisione di tagliare del 10% la spesa pubblica (senza però toccare gli stipendi dei dipendenti pubblici e dei militari) e la vendita di pacchetti azionari di società statali. Tutto questo potrebbe però non bastare se la strategia dell’Arabia Saudita di mantenere alta la produzione petrolifera dovesse persistere. Il paese saudita tuttavia si trova anch’esso a fare i conti con un deficit di bilancio causato dalle basse quotazioni di greggio e nonostante abbia le spalle abbastanza larghe per continuare con la sua strategia si trova per la prima volta nella sua storia a valutare l’ipotesi di quotare la società statale del greggio Aramco in borsa.

lunedì 18 gennaio 2016

Petrolio 2016 target a 90 dollari. Ecco perché

Sala da quattroc e n t o p e r s o n e gremita alla conferenza annuale sugli investimenti organizzata da Etf Securities. Il tema è più che mai caldo, considerata la discesa continua delle commodities appartenente a qualsiasi categoria merceologica, e le conseguenze in termini di volatilità anche su altre asset class. E quando si parla di materie prime gli scenari in termini di domanda e offerta attesa sono un elemento cruciale, da incrociare con i prezzi che il mercato attualmente batte. La conclusione che scaturisce dai multipli interventi è che i fondamentali non supportano il mantenimento delle quotazioni del petrolio sugli attuali livelli, con un orizzonte anche limitato a due anni.

 La pressione ribassista oggi in atto ha buona probabilità di proseguire, per via dell’eccesso di offerta e del sentiment ancora a sfavore, ma nel corso del 2016 ci si aspetta la realizzazione di importanti minimi da cui ripartire. Guardando ai dati macro, James Butterfill, responsabile della ricerca e delle strategie di investimento di Etf Securities, rimane relativamente sereno in merito alle possibilità di una recessione economica globale. I dati odierni non supportano infatti lo scenario peggiore, cioè una pesante recessione a livello mondiale, con i valori del Pmi nei Paesi sviluppati in consolidamento sopra i 50 punti. Meno brillante invece la fotografia sugli emerging markets, che a breve dovrebbero soffrire maggiormente rispetto al contesto occidentale.

Un fattore da sottolineare è la relazione tra la dinamica dei prezzi del petrolio e lo stimolo all’economia reale in termini prospettici, ben evidenziata dal grafico in pagina. Il valore attuale della domanda di oil rispetto al prodotto interno lordo degli Stati Uniti evidenzia che il tracollo dei prezzi del petrolio dovrebbe fornire un significativo stimolo all’economia globale, sulla scia di quanto osservato nei precedenti 45 anni. Tale stimolo scomparirebbe gradualmente in caso di recupero dei prezzi verso 100 dollari al barile. Una spirale deflativa non è quindi attesa. L’inflazione core dei Paesi sviluppati è in lieve recupero, con evidenza ancora maggiore per l’area emergente; anche per l’intero 2016 le aspettative restano a favore di un lento recupero dei prezzi al consumo, coerente con uno scenario economico non tragico.

Un altro fattore di rischio sotto i riflettori è l’evidente rallentamento dell’economia cinese. La domanda per i metalli denominati big four, cioè alluminio, rame, zinco e piombo, è rimasta però elevata in Cina anche nel corso del 2015, con un allungo anno su anno dell’8,5% rispetto al terzo quadrimestre. Un elemento a cui tutti guardano è poi rappresentato dai margini societari, messi enormemente sotto pressione a seconda delle materie prime che costituiscono il business caratteristico delle aziende. Molte materie prime trattano oggi sotto i relativi costi marginali di produzione, una situazione non sostenibile sul medio periodo. In particolare appaiono eccessivamente penalizzate commodities come il grano e il gas naturale statunitense (-40% circa rispetto al costo di produzione), il platino e l’alluminio (-20% circa), il petrolio Wti (-10% circa); il brent si colloca sul valore di neutralità, mentre sono ancora in netto vantaggio l’argento, l’oro e il rame. Per quanto riguarda il petrolio, l’Arabia Saudita è riuscita per il momento nell’intento di boicottare lo shale oil statunitense, con molti operatori del settore in gravi difficoltà finanziarie.

Questo è però costato molto anche all’Arabia, ed entro un paio di anni la situazione si deve sbloccare con una probabile contrazione dell’offerta di petrolio da parte del Paese mediorientale. L’accesso al mercato dei capitali per ricercare finanziamenti non è oggi agevole, in quanto i valori dei Cds dell’Arabia quotano sugli stessi livelli del Portogallo. Le aspettative di rialzo dei tassi di interesse Usa dovrebbero invece alimentare un rialzo dei prezzi delle materie prime, coerentemente con quanto osservato in cicli passati simili. In particolare dovrebbero approfittarne maggiormente il petrolio e suoi derivati e i metalli industriali, ma anche l’oro trae beneficio da un aumento dei prezzi al consumo. Sul breve termine il sentiment rimane però ancora depresso, osservando anche i numero di contratti short aperti sui futures.

Molto interessante anche il suggerimento operativo arrivato da Richard Mallison, Senior Analyst per Energy Aspects. Per l’esperto l’attuale quotazione di circa 30 dollari al barile non può essere sostenibile e non riflette i fondamentali, aprendo di riflesso opportunità di acquisto in ottica di medio periodo. Per i prossimi sei mesi ci si può attendere ancora un sentiment negativo legato all’eccesso di offerta di materia prima, ma il punto di svolta non deve essere lontano. I target price per fine 2018 si collocano a ridosso di 90 dollari per il Wti, 80 dollari per fine 2020. L’Iran non dovrebbe inoltre essere in grado a breve di espandere l’offerta più di tanto, per problematiche tecnologiche. Massimo Siano, Head of Southern Europe per Etf Securities, segnala a tal proposito che il Wti Crude Oil è l’Etc che ha il maggiore volume di scambi sul sottostante energetico in Borsa Italiana, e dovrebbe confermarsi un prodotto interessante per cavalcare la rimonta attesa dei prezzi del Wti nei prossimi due-tre anni.

lunedì 4 gennaio 2016

Previsioni 2016 dollaro contro euro, sterlina e yen

Il 2015 è stato un anno decisamente interessante sul mercato dei cambi. Le politiche monetarie decise delle principali banche centrali hanno inciso in modo significativo sul comportamento delle varie valute. Euro, yen e sterlina inglese si sono indebolite nei confronti del dollaro Usa, che rimane la valuta più forte dell’intero panorama internazionale (il Dollar Index si è infatti spinto fino ad un nuovo massimo storico di 100,50 punti).

Nelle analisi che seguono è stata esaminata la situazione dei principali cross valutari, al fine di individuare le tendenze e i livelli grafici più importanti che dovranno essere monitorati nelle prime settimane del 2016.

Euro/dollaro. 

Il cambio, dopo essere salito verso la fine di agosto fino a 1,1715,ha subìto una brusca flessione con le quotazioni che sono comunque rimaste al di sopra di 1,05. La struttura tecnica di medio termine rimane ancora precaria: soltanto il breakout, confermato in chiusura di settimana, al di sopra di 1,15 potrebbe provocare un’inversione rialzista di tendenza, con un primo target a 1,1850-1,1870 e un secondo obiettivo attorno a 1,22.

Prima di poter iniziare un recupero di una certa consistenza sarà comunque necessaria un’adeguata fase laterale di riaccumulazione. Negativa invece una discesa sotto 1,05 in quanto può innescare una nuova ondata ribassista che avrà una prima proiezione teorica a ridosso di quota 1 euro e un secondo obiettivo in area 0,98-0,9770.

Euro/sterlina. 

Le quotazioni si sono appoggiate al solido supporto grafico posto in area 0,6980-0,6930 e hanno compiuto un difficile recupero. La struttura grafica di breve termine rimane contrastata: soltanto il breakout della barriera situata a 0,7450-0,75 potrebbe provocare un’inversione rialzista di tendenza, con target di breve termine a 0,7590 prima e in area 0,77-0,7710 in un secondo momento.

Un’eventuale correzione dovrebbe invece arrestarsi a ridosso di 0,7060- 0,7050. Decisamente negativa, invece, una discesa sotto 0,6930 perché può innescare una rapida flessione verso 0,6880 prima e in area 0,6820-0,6810 successivamente.

Euro/yen. 
Il cambio è sceso, lo scorso mese di aprile, a quota 126 prima di risalire con decisione fino a quota 141. Nella seconda metà del 2015 si è poi verificata una correzione che ha riportato le quotazioni in area 130-129,70. Pericolosa una discesa sotto quest’ultimo livello in quanto può innescare una nuova ondata ribassista, con target teorici a 127,50 prima e a quota 126 in un secondo momento.
Positivo invece il ritorno sopra quota 137 anche se, da un punto di vista grafico, sarà soltanto di breakout di 139 prima e di 141 poi a provocare l’inizio di una solida tendenza rialzista.

Sterlina/dollaro. 
Il cable è salito fino a 1,5930 prima di accusare una brusca flessione che ha riportato le quotazioni sotto 1,50. Il quadro tecnico di medio periodo rimane contrastato: fondamentale comunque la tenuta del sostegno posizionato in area 1,46-1,4560 in quanto può favorire la costruzione di una solida base accumulativa, premessa indispensabile per poter iniziare un trend rialzista di una certa consistenza. Una prima dimostrazione di forza arriverà con il superamento della resistenza posta a 1,55 anche se un allungo dovrà comunque affrontare un duro ostacolo a ridosso di 1,58 e una seconda barriera a 1,5930.

Dollaro/yen. 
Il cambio ha trovato un valido sostegno a quota 117 e ha compiuto un veloce balzo in avanti, con le quotazioni che sono salite, a inizio giugno, fino a quota 125,85 (massimi degli ultimi tredici anni). Il trend di fondo rimane pertanto rialzista: il superamento di 123,80 fornirà un ulteriore segnale di forza, con un primo obiettivo in area 125-125,20 e un secondo target a 125,80. Il breakout di quota 126 aprirà poi ulteriori e interessanti spazi di crescita, con proiezioni teoriche in area 128,50-128,70 prima e attorno a 130-130,20 successivamente.

Dollaro americano/dollaro canadese. 
Le quotazioni, dopo un aver costruito una solida base accumulativa al di sopra di quota 1,3250, hanno compiuto un veloce balzo in avanti, innescato dal breakout della barriera posta a 1,3430, e si sono portate a ridosso di 1,4. L’analisi dei principali indicatori quantitativi conferma la presenza di una solida tendenza rialzista, con l’Macd e il Parabolic Sar che si trovano in chiara posizione long. Dopo una breve pausa di consolidamento al di sopra di 1,37 è pertanto probabile un nuovo allungo, con un primo target a 1,407- 1,408 e un secondo obiettivo in area 1,4150-1,4170.

Per operare sul Forex nel 2016, ti consigliamo il broker inglese Etx , autorizzato FCA e il migliore per affidabilità e spread (lo spread più basso d'Europa sul cambio Eur-Usd). Sito in italiano.