sabato 21 aprile 2018

Perché l'euro sale. E quale sarà il trend con il dollaro per fine 2018

La fine del piano espansivo della Bce si avvicina (attualmente fissata al 30 settembre) e così inizia il pressing all’interno del consiglio direttivo sulle modalità con cui dovrà essere schedulato il percorso di “normalizzazione” dei tassi. Edward Nowotny, presidente della Banca centrale d’Austria e membro del board della Bce con diritto di voto, ha alzato la posta ieri, spiegando in un’intervista alla Reuters, che ben vedrebbe la prima stretta nell’ordine di 20 punti base, il doppio rispetto ai 10 che oggi i mercati scontano per la prima parte del 2019. «Non avrei problemi a portare come primo passo dal -0,4% a -0,2%, il tasso sui depositi prima di rialzare il tasso principale (attualmente pari a zero, ndr)».
Che Nowotny sia un falco e quindi generalmente più proiettato verso politiche più restrittive rispetto ad alcuni colleghi del consiglio era noto. In ogni caso le sue parole hanno suscitato un effetto immediato sul mercato valutario. L’euro ha avuto uno scatto al rialzo di oltre mezza figura portandosi da 1,232 a 1,2380. Dopodiché nel corso della giornata l’accelerazione si è un po’ attenuata ma alla fine il bilancio delle parole di Nowotny è stato quello di imprimere una nuova forza relativa alla moneta unica che negli ultimi 12 mesi può esibire una rivalutazione sul dollaro del 17%. Si può dire che c’è stato un “effetto-Nowotny” sul mercato dei cambi anche perché lo stesso si è sbilanciato sul percorso che la Bce potrebbe seguire nei prossimi mesi.

La Bce dovrebbe comunque tenere un approccio graduale, smantellando prima il programma di acquisto bond da 2.550 miliardi di euro, cosa che spianerebbe in seguito la strada al primo rialzo del costo del denaro dal 2011. I tassi di interesse, ha ribadito, resteranno ai livelli attuali «ben oltre» la fine del piano di stimoli (la Bce non ha fissato scadenze, ma secondo gli esperti il primo giro di vite potrà arrivare ad aprile o maggio 2019). «Questa è la struttura».

Idee più chiare quindi anche per gli investitori. A questo punto l’ipotesi che la Bce prolunghi gli acquisti di titoli anche nel 2019 si è ridotta al lumicino. Dalle parole di Nowotny la sequenza appare piuttosto chiara. I tassi resteranno piuttosto bassi a lungo ma saliranno comunque rispetto agli attuali minimi storici, con il tasso sui depositi (che riguarda le riserve di liquidità che le banche parcheggiano nel conto che hanno presso la Bce) che sarà il primo a muoversi dalle attuale sabbie mobili (-0,4%).

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mercoledì 18 aprile 2018

Previsioni Bitcoin per il 2018. Ecco a che prezzo investire

Le performance strabilianti del 2017 appaiono un lontano ricordo. Per il Bitcoin e le altre criptovalute questo primo scorcio del 2018 è stato assolutamente da dimenticare: nei confronti del dollaro il Bitcoin è precipitato di oltre il 50% nel trimestre. Dicembre è stato il mese di maggiore euforia con le quotazioni arrivate a ridosso dei 20mila punti, in concomitanza anche con il lancio dei “future” sui mercati regolamentati Usa.

Da allora è iniziata una fase discendente che ha spinto i valori nelle ultime sedute poco sotto i 7mila dollari. Nei confronti dell’euro le quotazioni sono scese intorno a quota 5.500, realizzando anche in questo caso una sorta di doppio minimo in linea con la discesa di inizio febbraio. La fase è delicata: se venisse abbandonato questo livello ci sarebbero spazi per ulteriori cali. Al contrario solo oltre 9mila dollari il Bitcoin uscirebbe da questa fase di incertezza dando un primo segnale di forza. Gli sviluppi del primo trimestre hanno evidenziato che le criptovalute non sono asset decorrelati rispetto all’azionario: alcuni ipotizzavano che l’incertezza sull’equity avrebbe determinato una sorta di rivalutazione del Bitcoin come asset alternativo.

Così non è stato. I fattori del crollo sono molteplici. Intanto l’euforia che si era sviluppata nel corso del 2017 e che aveva portato a un’impennata eccezionale dei valori del Bitcoin con un incremento addirittura del 1.500%. Negli ultimi mesi si sono diffusi sempre di più i timori di regolamentazione e di interventi sulle piattaforme a livello internazionale dopo che l’Asia ha fatto da apripista. Il fenomeno delle criptovalute è diventato di grande rilevanza ed è finito nel mirino delle istituzioni governative e delle banche centrali. Ci sono stati poi dei segnali che hanno ridotto la fiducia intorno al Bitcoin. Segnali apparentemente marginali, ma indicativi del clima attuale, come quelli di alcuni social di rifiutare la pubblicità delle stesse criptovalute. Tutto questo ha drasticamente ridotto la capitalizzazione di tutte le divise digitali precipitate a 250 miliardi di dollari, con oltre 200 miliardi lasciati sul terreno in tre mesi.

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martedì 17 aprile 2018

Previsioni 2018 euro sterlina

Nella parte centrale del 2015 il rapporto EUR/GBP è arrivato in area 0.70 continuando a tenere una dinamica volatile per tutto l’anno. L’ampio trading range – tra 0.70 e 0.74 è terminato solo a dicembre quando, diversamente dalla Fed, la Bank of England non ha alzato i saggi chiarendo come le condizioni fossero cambiate per prevedere un rincaro del costo del denaro. L’ulteriore aggiunta di dati macro deludenti per la crescita interna, ha alimentato la debolezza del pound.

Tecnicamente, l’impennata del cambio partita a fine 2015 è proseguita nella prima parte del 2016, violando di slancio tutte le moving average e riportando i corsi sopra gli 0.81 circa; successivamente, intorno a giugno, si è avuto un pull-back sulla MA100 per l’attesa della possibile vittoria del “NO” nel referendum sull’uscita del Regno Unito dalla UE.

L’esito, viceversa, favorevole alla Brexit, ha provocato una nuova ondata di vendite sul pound, che ha condotto l’EUR/GBP a un altro strappo al rialzo, oltre quota 0.85; la decisione poi presa a fine estate 2016 dalla BoE di tagliare il tasso target (-25 bps) e incrementare il QE ha prodotto una nuova accelerazione del cross che in poco tempo ha raggiunto area 0.875, per poi segnare il top a 0.94.

Il successivo andamento del rapporto è stato influenzato soprattutto dai negoziati con l’UE per la determinazione delle condizioni di abbandono: in un quadro di elevata volatilità, dopo la tenuta del supporto in area 0.84 (38.2% Fibonacci), le difficoltà interne ed esterne al proprio partito che la premier May ha dovuto affrontare nella conduzione delle trattative hanno rispedito i prezzi vicino al suddetto massimo che però ha agito come resistenza; ne è derivata una fase di lateralità in cui la sterlina ha anche beneficiato del rialzo del tasso target (+25 bps) operato dalla BOE ad inizio novembre 2017.

Lo stretto trading range che si è sviluppato attorno a 0.88 (23.6% Fibonacci) sembra non avere riscontrato ancora una decisa rottura, anche se il recente via libera condizionato al periodo transitorio e la pubblicazione delle linee guida dell’UE sul quadro normativo per i futuri rapporti con il Regno Unito stanno concentrando gli scambi sul lato inferiore del canale.

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domenica 15 aprile 2018

Previsioni Forex - dollaro neozelandese in spolvero, corona norvegese no

Il Dollar Index nell’ultimo mese, infatti, su due settimane sono stati registrati sia un rialzo dello 0.4% sul prezzo spot sia una tendenza crescente rispetto alla moving average. Seppur in presenza di variazioni pressoché poco significative a causa dei movimenti erratici, il biglietto verde sta tentando di allontanarsi dai livelli di minimo dell’ultimo triennio raggiunti agli inizi dello scorso febbraio. Gli elementi che stanno influenzando le performance dello USD sono molteplici e agiscono in modo contrastato. Da un lato la politica monetaria della Fed è chiaramente indirizzata verso un abbandono dell’orientamento dovish, dall’altro la Casa Bianca è intenta nell’attuare interventi di tipo protezionistico che alimentano timori di una possibile guerra commerciale, in primis nei confronti della Cina.

Si è interrotta da circa un mese la corsa dell’euro nei confronti del dollaro statunitense. Gli investitori restano in attesa di nuovi driver. Al momento permangono variabili di rischio al ribasso per la congiuntura europea, pertanto, se fosse necessario, la BCE ha fatto presente di poter ancora prolungare il quantitative easing oltre la naturale scadenza di settembre, eliminando però il riferimento ad un eventuale aumento degli acquisti di bond.

Il recupero dello USD, in qualità di currency rifugio, ha ridotto l’appeal del franco svizzero e dello Yen, quest’ultimo influenzato anche dall’incertezza sui tempi e sui modi di riduzione dello stimolo monetario della BoJ.

La sterlina si è indebolita sul dollaro USA e si è apprezzata sull’euro. Influente nelle scelte degli operatori è il susseguirsi di trattative tra Bruxelles e Londra in merito alla Brexit dall’UE.

L’Euro prosegue la propria tendenza crescente rispetto alla media mobile ad un anno nei confronti della corona svedese. Il Paese scandinavo, pur chiudendo il 2017 con in PIL in crescita, presenta ancora alcuni segnali poco incoraggianti. Il mercato immobiliare, infatti, resta in una fase negativa con un continuo calo dei prezzi. Dalle ultime minute della Riksbank, inoltre, si segnala che quattro dei sei membri del Board hanno espresso preoccupazioni per la debole dinamica salariale che potrebbe portare ad un ulteriore rinvio del rialzo dei tassi.

La corona norvegese ha perso terreno nei confronti sia del dollaro sia dell’euro, penalizzata dal calo delle vendite al dettaglio di febbraio (-0.6%). Tuttavia, il dato non dovrebbe portare la Norges Bank a rivedere le scelte riguardo al prossimo rialzo dei tassi che dovrebbe arrivare a settembre.

Il dollaro neozelandese si è apprezzato nei confronti delle principali valute di riferimento. Il principale driver è stato il miglioramento del clima di tensione tra USA e Cina in merito alla guerra commerciale che potrebbe avere un forte impatto sul commercio globale. Un altro sostegno alla moneta è giunto dalle ultime aste GDT (Global Dairy Trade) che hanno registrato un calo inferiore alle attese del prezzo de latte. Il settore dei latticini pesa per più del 7% sul GDP della Nuova Zelanda che è il maggior esportatore mondiale.

domenica 8 aprile 2018

I veri rischi per l'Italia nel dopo elezioni

Il risultato elettorale è stato giudicato dagli analisti finanziari peggiore rispetto alle attese. I mercati si aspettavano certamente che nessuna delle tre fazioni politiche avrebbe raggiunto un numero sufficiente di voti per governare, ma allo stesso tempo ci si attendeva che grazie ad un numero limitato di parlamentari pescati dalle minoranze, si sarebbe potuto creare un governo almeno di transizione. Oggi questo è molto più difficile, ma se si guarda l’andamento dei titoli di Stato, all’apparenza, sembra che il mercato non sia preoccupato.

Dal 2011 anche i meno esperti hanno imparato il termine “spread”. Persino i ragazzi che nel 2011 erano bambini associano la parola spread al lupo cattivo. Questo mostro da incubi notturni sembra però si sia addormentato. Lo spread famoso, che non è altro che la differenza di rendimento dei titoli di Stato decennali tedeschi rispetto a quelli italiani, si è mosso poco. La Bce sembrerebbe tenere il lupo sedato.

Spread Italia Spagna

Ciò però non significa che sia morto. La nuova realtà è che non si deve più guardare lo spread fra Italia e Germania, ma è il caso di andare a guardare l’andamento del differenziale di rendimento fra i titoli di Stato spagnoli e quelli italiani. Se verso la Germania noi abbiamo mantenuto uno spread fra i 130 ed i 140 punti base, è verso la Spagna che si può notare un andamento molto preoccupante. Dal dopo elezioni lo spread Italia-Spagna è salito di oltre mezzo punto percentuale, che di questi tempi è un’enormità e non è che la Spagna se la passi meglio coi suoi problemi baschi.

Rischio banche italiane

Un altro parametro per avere il termometro del giudizio del mercato è l’andamento di alcune banche italiane.

E non perché esposte al rischio derivante dai titoli di Stato da loro detenuti; ma perché l’incertezza politica e lo spostamento verso nuove ricorsi di consensi fra gli elettori si trasformerà ancora di più nella protezione dei debitori a scapito dei creditori. I più importanti creditori rimangono le banche. Che continuano ad avere grosse masse di crediti deteriorati, ma anche di crediti attualmente in bonis che potrebbero diventare presto deteriorati se un nuovo governo di transizione approvasse nuove norme a protezione dei debitori a scapito dei creditori.

Il primo indicatore diventa così l’andamento di Mps, solo per citarne una su tutte. Le banche che hanno nel proprio bilancio questa eredità di crediti dal passato sono l’altro nuovo termometro del rischio Paese insieme allo spread verso la Spagna e non più verso la Germania. Ricordando Rovelli: la realtà si trasforma.

E' per tale ragione che consigliamo da tempo di avere una via d'uscita. Per esempio aprire un conto in Svizzera, dove spostare immediatamente i soldi alle prime avvisaglie di problemi. Prevenire è sempre meglio di curare, vale per il tuo corpo ma anche per il tuo portafoglio.

sabato 7 aprile 2018

Previsioni sul dollaro dopo i rialzi della Fed

Il primo meeting del Fomc della Fed sotto la presidenza Powell non ha fino a questo momento risollevato le sorti del dollaro. La banca centrale ha portato i tassi di riferimento all’1,75% lasciando intendere che ci saranno altre due strette nel 2018 con i tassi attesi al 2,15%. Sono state riviste anche al rialzo le stime di crescita, ma tutto questo non è bastato a dare tono al dollaro. Evidentemente le aspettative del mercato relative alle strette e soprattutto in tema di inflazione sono rimaste deluse. Il dollar index, che sintetizza il valore del biglietto verde nei confronti delle principali divise, resta molto debole. Si muove in area 89 punti, ancora distante dalla resistenza in area 91 il cui superamento potrebbe rappresentare un primo segnale di forza della valuta di riferimento a livello internazionale.

Questo si traduce in un ’impostazione di fondo che resta ancora favorevole alla moneta unica. Il principale cross internazionale, euro-dollaro, resta ancora impostato al rialzo sebbene fino a questo momento ogni tentativo di andare oltre 1,25 sia fallito. Il livello strategico di medio termine è rappresentato dall’area di 1,2030: fino a quando le contrattazioni si manterranno sopra questo supporto l’euro resta ben impostato. Parallelamente il dollaro resta debole anche verso la seconda divisa globale, lo yen.

Il cross in questione fatica a riconquistare area 107. Il rapporto tra dollaro e divisa nipponica è un ottimo termometro per il rischio a livello globale: un suo indebolimento solitamente va a braccetto con un deterioramento del quadro per l’azionario. E sul mercato i primi segnali si stanno concretizzando. È necessario quindi che il cross si riporti sopra 107 per dare un contesto di maggiore serenità ai listini azionari globali.

 Tutto questo parallelamente si traduce anche in una buona tenuta dell’oro, che si mantiene stabile sopra area 1.300 dollari e che soprattutto ha interrotto la striscia negativa dell’ultimo anno che lo vedeva perdere costantemente forza relativa nei confronti di Wall Street.

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mercoledì 4 aprile 2018

Illecito investire in bitcoin?

Ha fatto rumore, nei giorni scorsi, la decisione dei magistrati di Roma che hanno sequestrato il sito cryp.trade. C’è chi si è spinto a titolare «Illecito offrire bitcoin sul web». Non è così: l’intervento dei giudici è arrivato dopo due delibere della Consob, la 20110 del 13 settembre e la 20207 del 6 dicembre 2017, con le quali la Commissione ha prima sospeso e poi vietato l’offerta al pubblico in Italia di “investimenti di natura finanziaria” promossi sul sito dalla società Cryp Trade Capital.

Alla base non c’è stata l’idea di vietare l’offerta di cripto, ma il fatto che il sito le pubblicizzasse come “portafogli di investimento” e garantisse “rendimenti mensili dal 17 al 29%”: due fattispecie che hanno fatto scattare il reato di abusivismo finanziario (articolo 166 del Testo unico della finanza) sanzionato dai magistrati. In assenza di fattispecie di investimento e di promesse di rendimento, infatti, la Consob non può intervenire sulle cripto.

Il tema dei rischi delle cripto per i consumatori è stato ribadito lunedì 19 marzo da Banca d’Italia, che ha fatto sue le posizioni concordate il 12 febbraio dalle autorità di controllo europee ed è poi approdato alla riunione dei ministri delle Finanze e dei Governatori delle Banche centrali del G20 a Buenos Aires. Secondo il Financial Stability Board le cripto presentano rischi minimi per la stabilità finanziaria, perché anche ai massimi di mercato valevano “solo” l’1% del Pil globale, ma «sollevano molte questioni sulla protezione dei consumatori e degli investitori, così come per il loro uso per attività illecite, riciclaggio e finanziamento del terrorismo».

Intanto, dopo Google e Facebook, anche Twitter proibirà le pubblicità su bitcoin e cripto. Ma su siti come plus500 (broker che su questo sito abbiamo sempre sconsigliato  a prescindere) si possono compravendere contract for difference (Cfd) sulle criptovalute, mentre su piattaforme come eToro è possibile comprarle direttamente. La decisione dei giudici di Roma inoltre non tocca gli exchange, le “borse” online sulle quali vengono scambiate le criptovalute. Proprio le exchange, salvo quelle regolamentate, sono vere black box, “scatole nere” dalle quali non si riesce a capire se i dati sugli scambi siano reali o, piuttosto, se la domanda e l’offerta che asseritamente vi si incrociano siano invece manipolate. Le exchange non regolamentate sono dunque il vero tallone d’Achille per la trasparenza e la fondatezza delle quotazioni delle criptovalute.

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lunedì 2 aprile 2018

Previsioni Forex per aprile: dollaro, sterlina, yen e corona

Il Dollar Index nell’ultimo mese, facendo registrare un rialzo dello 0.8% a due settimane con una tendenza crescente rispetto alla MA a due settimane. Tale andamento risente della cautela del mercato circa i dati relativi all’inflazione USA nonostante lo stesso stia prezzando un quarto rialzo per l’anno in corso sui tassi da parte della Federal Reserve. Sul fronte interno, Trump ha licenziato il segretario di Stato Tillerson e lo ha sostituito con il direttore della CIA Pompeo che ha confermato la linea dura dell’Amministrazione sulle questioni di politica estera incluso il piano nucleare iraniano e della Corea del Nord.

Si è interrotta da circa un mese la corsa dell’euro nei confronti del biglietto verde – con il cambio che si sta muovendo in un trading range in area 1.2150-1.2550 - con gli investitori che si sono concessi qualche presa di profitto in attesa del primo rialzo dei tassi del 2018 da parte della Fed e di conoscere le prospettive sulle prossime strette monetarie.

Il sentiment sostanzialmente risk-low ha favorito la ricerca di protezione e quindi l’acquisto dello Yen. La valuta nipponica - in parte influenzata dalle preoccupazioni per la tenuta del governo di Shinzo Abe - se nei confronti dell’euro ha continuato a rafforzarsi, rispetto allo USD si è indebolita per il recupero di quest’ultimo. Restano alcuni fattori d’incertezza riconducibili ai tempi e ai modi della riduzione dello stimolo monetario da parte della BoJ. Un rialzo del target dei tassi d’interesse costituirebbe un forte supporto per la currency.

La sterlina ha proseguito il proprio trend di apprezzamento. A riguardo, resta forte l’attesa per il meeting della BoE di domani anche se, alla luce dei deboli dati sull’inflazione di febbraio, non ci si attende un imminente annuncio di modifica del bank rate. Si segnala, infine, che i negoziati su Brexit sembrano essere arrivati ad un punto di svolta dopo che l’UE ha recentemente pubblicato una bozza di accordi di recesso. Il governo May non sembra però capace di esprimere un’unica posizione condivisa, aumentando il rischio di arrivare alla soluzione no-deal sostenuta dall’ala oltranzista.

Registra una tendenza decrescente rispetto alla media mobile a tre mesi il cambio EUR/NOK. La corona norvegese ha beneficiato dell’annuncio della Norges Bank di un percorso di rialzo del tasso di riferimento maggiore delle attese, elevando le probabilità di una modifica di 25bp entro l’anno.

Orientamento alla debolezza per le monete Oceaniche che scontano i rischi di una possibile guerra commerciale di natura globale innescabile con il protezionismo della Casa Bianca. A tal proposito, sia l’Australia sia la Nuova Zelanda fanno molto affidamento sull’export di materie prime e la Cina rappresenta un vitale mercato di sbocco. Il dollaro neozelandese e quello australiano continuano ad indebolirsi anche per la politica monetaria accomodante delle rispettive Banche centrali. Non ci si aspetta che la Reserve Bank of New Zeland e la Reserve Bank of Australia possano variare nel breve periodo il livello dei tassi d’interesse di riferimento che restano ai minimi.