lunedì 18 gennaio 2016

Petrolio 2016 target a 90 dollari. Ecco perché

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Sala da quattroc e n t o p e r s o n e gremita alla conferenza annuale sugli investimenti organizzata da Etf Securities. Il tema è più che mai caldo, considerata la discesa continua delle commodities appartenente a qualsiasi categoria merceologica, e le conseguenze in termini di volatilità anche su altre asset class. E quando si parla di materie prime gli scenari in termini di domanda e offerta attesa sono un elemento cruciale, da incrociare con i prezzi che il mercato attualmente batte. La conclusione che scaturisce dai multipli interventi è che i fondamentali non supportano il mantenimento delle quotazioni del petrolio sugli attuali livelli, con un orizzonte anche limitato a due anni.

 La pressione ribassista oggi in atto ha buona probabilità di proseguire, per via dell’eccesso di offerta e del sentiment ancora a sfavore, ma nel corso del 2016 ci si aspetta la realizzazione di importanti minimi da cui ripartire. Guardando ai dati macro, James Butterfill, responsabile della ricerca e delle strategie di investimento di Etf Securities, rimane relativamente sereno in merito alle possibilità di una recessione economica globale. I dati odierni non supportano infatti lo scenario peggiore, cioè una pesante recessione a livello mondiale, con i valori del Pmi nei Paesi sviluppati in consolidamento sopra i 50 punti. Meno brillante invece la fotografia sugli emerging markets, che a breve dovrebbero soffrire maggiormente rispetto al contesto occidentale.

Un fattore da sottolineare è la relazione tra la dinamica dei prezzi del petrolio e lo stimolo all’economia reale in termini prospettici, ben evidenziata dal grafico in pagina. Il valore attuale della domanda di oil rispetto al prodotto interno lordo degli Stati Uniti evidenzia che il tracollo dei prezzi del petrolio dovrebbe fornire un significativo stimolo all’economia globale, sulla scia di quanto osservato nei precedenti 45 anni. Tale stimolo scomparirebbe gradualmente in caso di recupero dei prezzi verso 100 dollari al barile. Una spirale deflativa non è quindi attesa. L’inflazione core dei Paesi sviluppati è in lieve recupero, con evidenza ancora maggiore per l’area emergente; anche per l’intero 2016 le aspettative restano a favore di un lento recupero dei prezzi al consumo, coerente con uno scenario economico non tragico.

Un altro fattore di rischio sotto i riflettori è l’evidente rallentamento dell’economia cinese. La domanda per i metalli denominati big four, cioè alluminio, rame, zinco e piombo, è rimasta però elevata in Cina anche nel corso del 2015, con un allungo anno su anno dell’8,5% rispetto al terzo quadrimestre. Un elemento a cui tutti guardano è poi rappresentato dai margini societari, messi enormemente sotto pressione a seconda delle materie prime che costituiscono il business caratteristico delle aziende. Molte materie prime trattano oggi sotto i relativi costi marginali di produzione, una situazione non sostenibile sul medio periodo. In particolare appaiono eccessivamente penalizzate commodities come il grano e il gas naturale statunitense (-40% circa rispetto al costo di produzione), il platino e l’alluminio (-20% circa), il petrolio Wti (-10% circa); il brent si colloca sul valore di neutralità, mentre sono ancora in netto vantaggio l’argento, l’oro e il rame. Per quanto riguarda il petrolio, l’Arabia Saudita è riuscita per il momento nell’intento di boicottare lo shale oil statunitense, con molti operatori del settore in gravi difficoltà finanziarie.

Questo è però costato molto anche all’Arabia, ed entro un paio di anni la situazione si deve sbloccare con una probabile contrazione dell’offerta di petrolio da parte del Paese mediorientale. L’accesso al mercato dei capitali per ricercare finanziamenti non è oggi agevole, in quanto i valori dei Cds dell’Arabia quotano sugli stessi livelli del Portogallo. Le aspettative di rialzo dei tassi di interesse Usa dovrebbero invece alimentare un rialzo dei prezzi delle materie prime, coerentemente con quanto osservato in cicli passati simili. In particolare dovrebbero approfittarne maggiormente il petrolio e suoi derivati e i metalli industriali, ma anche l’oro trae beneficio da un aumento dei prezzi al consumo. Sul breve termine il sentiment rimane però ancora depresso, osservando anche i numero di contratti short aperti sui futures.

Molto interessante anche il suggerimento operativo arrivato da Richard Mallison, Senior Analyst per Energy Aspects. Per l’esperto l’attuale quotazione di circa 30 dollari al barile non può essere sostenibile e non riflette i fondamentali, aprendo di riflesso opportunità di acquisto in ottica di medio periodo. Per i prossimi sei mesi ci si può attendere ancora un sentiment negativo legato all’eccesso di offerta di materia prima, ma il punto di svolta non deve essere lontano. I target price per fine 2018 si collocano a ridosso di 90 dollari per il Wti, 80 dollari per fine 2020. L’Iran non dovrebbe inoltre essere in grado a breve di espandere l’offerta più di tanto, per problematiche tecnologiche. Massimo Siano, Head of Southern Europe per Etf Securities, segnala a tal proposito che il Wti Crude Oil è l’Etc che ha il maggiore volume di scambi sul sottostante energetico in Borsa Italiana, e dovrebbe confermarsi un prodotto interessante per cavalcare la rimonta attesa dei prezzi del Wti nei prossimi due-tre anni.

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