mercoledì 2 dicembre 2015

Perché il prezzo del petrolio rimarrà sui minimi

_________________________________________________________

ISCRIVITI PER RIVECERE IN OMAGGIO L'EBOOK CON LE MIE 3 STRATEGIE PREFERITE PER GUADAGNARE SUL FOREX

Email:
Si spegne sul finire di settimana il tentativo di rimbalzo dai minimi di periodo per il crude oil. Il corso del petrolio non riesce neanche a raggiungere la resistenza di breve/medio periodo ai 40 dollari, segnando il massimo settimanale a 43,30 dollari, salvo poi scendere e chiudere l’ottava a ridosso dei 42 dollari al barile. Rimangono dunque con il cerino in mano gli operatori che la settimana scorsa avevano puntato su un rialzo del petrolio più solido, come testimoniano i dati sugli scambi long/short sugli Etp, che avevano visto un incremento delle posizioni long del 40% rispetto alla settimana precedente.

Prevale dunque lo scetticismo degli operatori sul prossimo meeting dei membri dell’Opec il prossimo 4 dicembre. Per la maggior parte dei commodity trader, verrà mantenuta inalterata la quota produttiva dei membri che compongono il cartello del petrolio innescando almeno fino alla fine dell’anno ulteriore debolezza sul mercato. L’Opec ha pompato oltre il target, a 30 milioni di barili al giorno, per tutti gli ultimi 17 mesi e secondo un sondaggio, presso gli operatori del settore, il gruppo dei paesi esportatori manterrà inalterata la sua politica di mercato almeno fino alla metà dell’anno prossimo.

Se poi si aggiunge, che nel 2016, dovrebbe anche tornare a esportare greggio l’Iran, ecco che le aspettative sui prezzi crollano miseramente. Per le prossime sedute, tecnicamente, è atteso un ritorno sul supporto dei 40 dollari al barile in prossimità dei minimi di metà novembre. Tuttavia il ribasso sul mercato non dovrebbe arrestarsi qui, perché anche l’incognita meteo potrebbe pesare sul settore. Gli analisti di Goldman Sachs ad esempio, stimano che se l’attuale situazione meteo dovesse continuare (con temperature superiori alle medie un po’ dappertutto nel mondo) ci potrebbero essere persino picchi ribassisti finanche i 20 dollari la barile.

L’attuale situazione, oltre a creare problemi a quei paesi esportatori (come il Venezuela) che non reggono i bassi prezzi del greggio, sta inasprendo la vera e propria guerra per il mantenimento delle quote di mercato in un contesto caratterizzato da un eccesso di offerta a livello globale. Il campo di battaglia, manco a dirlo, è la Cina. C’è infatti una battaglia all’ultimo gallone di benzina per essere il maggior esportatore di prodotto verso Pechino. Prima dell’attuale situazione, la Russia era saldamente al primo posto come fornitore di greggio alla Cina. Tuttavia, nel giro di un anno le cose sono cambiate in fretta. Secondo i dati di ottobre, il Paese guidato da Vladimir Putin, con le sue 3,41 milioni di tonnellate esportate verso la Cina, non solo si è fatto scavalcare dall’Arabia Saudita (3,99 milioni di tonnellate), ma è stato scalzato anche dall’Angola (3,64 milioni) nella speciale classifica.

_________________________________________________________

ISCRIVITI PER RIVECERE IN OMAGGIO L'EBOOK CON LE MIE 3 STRATEGIE PREFERITE PER GUADAGNARE SUL FOREX

Email:

_________________________________________________________

ISCRIVITI PER RIVECERE IN OMAGGIO L'EBOOK CON LE MIE 3 STRATEGIE PREFERITE PER GUADAGNARE SUL FOREX

Email:

0 commenti:

Posta un commento