mercoledì 1 ottobre 2014

Previsioni cambio euro dollaro ottobre dicembre 2014

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previsioni dollaro usaIn 5 mesi l’euro ha perso l’8,6% nei confronti del dollaro. Un'enormità per chi ha sfruttato le previsioni tramite la leva ottennedo guadagni a 2-3 cifre. Una tale caduta si era verificata solo due anni fa.

Due anni fa gli andamenti della finanza pubblica di diversi Paesi dell’Eurozona, tra cui l’Italia, erano davvero fuori controllo, e la prospettiva di un ritorno alle valute nazionali, con tutte le conseguenze prevedibili sui sistemi finanziari dei Paesi membri, avevano reso la moneta unica una delle valute più rischiose del mondo e soprattutto più esposte agli attacchi della speculazione internazionale.

Oggi una discesa dell’euro da 1,38 a 1,27 contro il dollaro viene invece salutata con sollievo, considerato che l’economia di tutta l’Eurozona, e non solo dei Paesi periferici, ha il fiato sempre più corto, anche in Francia e in Germania, il nocciolo duro di Eurolandia. Al di là del Reno la produzione sta perdendo colpi, e le aspettative degli imprenditori sono sempre meno ottimiste, come evidenziato dall’autorevole istituto Ifo, il cui indice, ora a quota 104,7, è ai minimi dal 2009. Nel frattempo Oltralpe peggiora sempre più il disavanzo pubblico in relazione al pil e lo stesso prodotto lordo segna il passo.

Tutto ciò mentre a Bruxelles ha ancora un forte peso il partito del rigore, che si oppone all’adozione di politiche fiscali espansive come soluzione alla crisi, e che ha i massimi esponenti nel nuovo Commissario Ue agli Affari economici ed ex primo ministro finlandese, Jyrki Katainen, e nel presidente della Bundesbank, Jens Weidmann. Come conciliare il rigore nella spesa pubblica con l’esigenza di stimolare la crescita? Con le esportazioni.

Ecco perché l’indebolimento dell’euro nei confronti del dollaro (gli Usa sono ancora il principale mercato di sbocco per i prodotti dell’Eurozona), è visto in modo molto favorevole. Peraltro, gli economisti lo auspicavano da molto tempo.

Ma è tutt’altro che scontato che l’attuale ribasso dell’euro, e più in generale il rafforzamento del biglietto verde, sia un fenomeno duraturo. «Non dimentichiamoci del differenziale di inflazione esistente tra Usa ed Europa (circa l’1,7%, ndr)» sottolinea Mario Spreafico, direttore investimenti per l’Italia di Schroders private banking. Intanto l’impennata del biglietto verde è frutto di due sorprese, una brutta, per l’Eurozona, e una bella, per gli Stati Uniti.

«Indicatori economici migliori del previsto Oltreoceano hanno coinciso con un inaspettato rallentamento dei prezzi nell’Eurozona » spiega Asmara Jamaleh, analista dei mercati valutari di Intesa Sanpaolo. In Eurolandia, a fine agosto l’indice dei prezzi al consumo è risultato dello 0,4% su base annua (contro lo 0,6% nel trimestre precedente), quando le previsioni indicavano un aumento dello 0,7%. Sembra poco, ma una lettura inferiore di quali la metà alle previsioni indica che per l’area euro la caduta in deflazione sta diventando più di una possibilità.

Per questo la Bce ha risposto con il taglio dei tassi allo 0,05%. Che all’atto pratico non è molto efficace, ma comunque invia ai mercati il segnale che l’istituzione non è inerte di fronte al fenomeno. Intanto al di là dell’Atlantico, malgrado un calo del 18% degli ordini di beni durevoli in agosto, è risultato più in salute del previsto il mercato del lavoro, «quello a cui i mercati finanziari sono più sensibili, perché è la bussola della Fed» aggiunge Jamaleh.

Giovedì 25 settembre le richieste settimanali di sussidi di disoccupazione sono aumentate di 12 mila unità. Il dato è inferiore alle previsioni, ma soprattutto è il più basso dal 2000. Nel frattempo è stato rivisto al rialzo il pil nel secondo trimestre al +4,6 dal +4,2% preliminare, che indica come l’economia americana stia uscendo dalle secche della stagnazione, e che quindi la banca centrale possa anche anticipare l’aumento dei tassi.

Tuttavia non sono unanimi le opinioni degli operatori su quanto la Fed sia disposta ad accettare un superdollaro, che certamente comporterebbe problemi per l’export. «Molto dipenderà dai nuovi dati sul mercato del lavoro negli Usa attesi per fine settimana» aggiunge Jamaleh. Se i segnali inviati dall’economia fossero ancora positivi, il dollaro potrebbe avviarsi con decisione verso quota 1,25 o anche 1,23. E se il biglietto verde dovesse proseguire nel rialzo, allora la Fed potrebbe anche rinviare di alcuni mesi il rialzo dei tassi, oggi in programma per fine giugno del 2015.

Ma per gli Usa è davvero un male il superdollaro nell’attuale situazione geopolitica? «Oggi gli Stati Uniti sono più disposti ad accettare una valuta forte, perché sosterrebbe le esportazioni delle altre aree del mondo, stimolando lo sviluppo globale e riducendo le tensioni politiche nelle aree periferiche», spiega Andrea Delitala, strategist della banca svizzera Pictet. Tradotto, un maggiore sviluppo nel mondo spunta le armi dei terroristi. «E non si pensi che la Yellen sia del tutto indipendente da Obama».

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