Le banche centrali si muovono e il
mercato dei cambi si riassesta
Le maggiori autorità monetarie
del globo, infatti, stanno per abbassare
le difese contro la crisi
economica con il ritiro degli stimoli
eccezionali, messi in campo
per contrastare gli effetti della
pandemia. Da un punto di vista
opposto, si può dire che stanno per
alzare le paratie contro l’inflazione:
il rincaro dei prezzi causato
dalla ripresa sarà anche transitorio,
ma rischia di innescare una
spirale difficile da controllare.
Le monete più gettonate dagli
investitori sono proprio quelle
spinte dalle prospettive di un rialzo
dei tassi di interesse, che rende
più appetibile l’investimento nelle
attività finanziarie in quella divisa. Dollaro in testa
Politiche della FED
Il biglietto verde nell’ultimo anno
ha guadagnato su molte valute: l’indice
che ne sintetizza il valore contro
euro, sterlina, yen, dollaro canadese,
corona svedese e franco svizzero
è salito del 7% da inizio 2021.
Contro euro si è rafforzato di oltre
l’8%. I verbali dell’ultima riunione della Federal Reserve Usa mettono
nero su bianco non soltanto il rialzo
dei tassi di interesse, ma un possibile
drenaggio di liquidità dal mercato
per fermare l’inflazione. A tutto
vantaggio del dollaro.
Secondo Jeffrey Cleveland, chief
economist di Payden & Rygel, il dollaro
rimarrà uno standard globale,
almeno finché una valuta digitale
sicura e fruibile non scalzerà il suo
dominio, un’ipotesi che lo stesso
Cleveland definisce intrigante.
L’economista afferma che per il
momento gli investitori continuano
a richiedere dollari, tornati al ruolo
di bene rifugio con la pandemia; anche
perché gli Stati Uniti si sono
conquistati il ruolo di leader dell’innovazione
e offrono asset sicuri e liquidi,
oltre che un sistema legale affidabile.
Prova ne sarebbe che il dollaro
resta una valuta globale, preferita
da molti investitori e da molti
Paesi alla propria per prestiti, investimenti
e riserve.
Dollaro contro tutti
Anche gli economisti di Pictet A.M.
prevedono che la fase di rafforzamento
del dollaro duri ancora per
un po’ nei confronti di diverse divise,
anche se i guadagni potrebbero
essere limitati da una valutazione
già elevata e da un posizionamento
eccessivamente rialzista da parte
degli investitori. Sulla sterlina in
particolare, a dispetto del primo
rialzo dei tassi della Bank of England
lo scorso dicembre, peserebbero
i problemi di approvvigionamento
che frenano l’economia. La maggior parte delle valute, infine,
non godrebbe del sostegno macroeconomico
per contrapporsi alla
forza del dollaro.
Non solo tassi
Anche la Banca centrale europea si
è mostrata più aggressiva, ma la divergenza
con la Fed sarà evidenziata
con un probabile prolungamento
del piano ordinario di aiuti dopo la
fine di quello anti-pandemico.
Il vantaggio del dollaro sull’euro
non sarebbe, comunque, dovuto
soltanto alle divergenze sui tassi di
interesse.
Peter Kinsella, global
head of Forex Strategy di Union
Bancaire Privée, rammenta che le
esportazioni dell’Eurozona verso la
Cina (il doppio di quelle degli Usa)
e il surplus delle partite correnti Ue
sono il fattore strutturale a supporto
della moneta unica, che verrà
meno in caso di rallentamento dell’economia
cinese: se la Cina frena,
l’euro patirà più del dollaro.
L’aggressività della Fed rappresenta
però anche il principale rischio di
un cambio euro-dollaro sbilanciato
a favore del biglietto verde: «Pensiamo
- spiega Kinsella - che il rischio
principale sia che la Fed non
aumenti i tassi in linea con le aspettative
del mercato. Per l’euro, non ci
aspettiamo che le dinamiche di crescita
dell’Eurozona sorprendano al
rialzo e, allo stesso modo, pensiamo
che un rialzo dei tassi della Bce sia
altamente improbabile, anche se
l’inflazione nominale si attesterà a
livelli superiori al 2% nel 2022».
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